Com'è nato il Carso

Più di 140 milioni di anni fa il Carso, come oggi lo vediamo, non esisteva. La geografia della Terra era molto diversa da quella attuale: un blocco di continenti settentrionale, comprendente l’America del Nord, l’Europa e l’Asia, e un altro meridionale, costituito dall’America del Sud e l’Africa. Tra i due blocchi era presente un braccio di mare, chiamato Tetide, orientato da ovest verso est lungo una fascia climatica tropicale/subtropicale.

Come una zattera, un frammento di continente staccatosi dall’Africa iniziò a spostarsi verso Nord-Est e finì il suo viaggio più di 10 milioni di anni fa, collidendo con l’Eurasia e determinando il sollevamento delle Alpi. L’attuale Carso corrisponde a quel piccolo frammento d’Africa.

Se avessimo potuto sorvolare 100 milioni di anni fa quest’area, avremmo visto panorami simili a quelli delle Bahamas con scogliere, lagune, terre emerse… In ambienti come questi, si sono depositati materiali che hanno originato le rocce che oggi affiorano in Carso. Per oltre 50 milioni di anni, questi ambienti hanno subito eventi geologici e biologici con conseguenti mutamenti climatici dovuti al lento movimento dei continenti. Il mare che avanzava sulle terre emerse creava condizioni migliori per la vita marina; mentre ritirandosi, lasciava ampie aree di terra: le rocce, che oggi affiorano in Carso, documentano questi eventi.

Le rocce più antiche (più di 120 milioni di anni) sono calcari neri e dolomie grigio scure di ambienti marini protetti, con acque poco ossigenate, che affiorano in una fascia a cavallo del confine italo-sloveno (Brje (Slovenia), Malchina, Monte Coste, Monte Lanaro, ecc.). Seguono calcari, calcari dolomitici e brecce dolomitiche del Cenomaniano (circa 100-95 milioni di anni fa) che indicano ambienti lagunari molto protetti che, talora emergevano, come testimoniato spesso dal colore rossastro delle rocce. Si osservano bene nelle zone di Precenicco, Sales, Sagrado del Carso, Monrupino-Col e corrispondono alla fascia dove si coltiva il vitigno del terrano. La fascia delle cave di Col, Monrupino, San Pelagio rappresenta il punto di osservazione dei calcari ricchi di fossili (rudiste e altri molluschi) del Cenomaniano superiore (95 milioni di anni fa). Sono calcari grigi che testimoniano fondali sabbiosi e poco profondi ad elevato idrodinamismo. I granuli di sabbia sono per lo più costituiti da frammenti di conchiglie. Fino alla fine del Cretacico (66 milioni di anni fa) si depositarono fanghi e sabbie rappresentati oggi da calcari spesso ricchi di fossili (rudiste e microfaune). Sono calcari che affiorano bene nell’area di Duino-Sistiana. In quest’area, sono stati rinvenuti abbondanti resti di vertebrati, tra cui dinosauri e coccodrilli, a testimonianza che accanto ad ambienti marini si trovavano anche aree emerse.

Tra la fine del Cretacico e l’inizio del Paleogene (66 milioni di anni fa), in diverse parti della Terra si depositano le rocce che hanno registrato una delle più drammatiche estinzioni di massa della storia terrestre: il cosiddetto passaggio K/Pg (Cretacico- Palogene), durante il quale si estinguono grandi rettili, ammoniti, belemniti, ecc. La presenza del passaggio K/Pg è stata accertata anche nel Carso (Padriciano e Basovizza) dove assistiamo alla scomparsa delle rudiste. Cause dell’estinzione furono: i cambiamenti climatici legati all’impatto di un meteorite nell’area dell’attuale Yucatan che ha provocato una diminuita radiazione solare, l’apertura dell’Oceano Atlantico e l’aumento dell’attività vulcanica a livello globale.  Agli ultimi calcari cretacici, massicci e ricchi di rudiste ormai estinte, seguono calcari ben stratificati, per lo più scuri, prima poveri di fossili, con pochi organismi lagunari e poi, via via, sempre più ricchi di gasteropodi e microfossili, come si osserva in alcuni tratti del Sentiero Rilke (tra Duino e Sistiana). Le lagune si stanno aprendo lasciando il posto ad ambienti marino-costieri ricchi di biodiversità. Ne sono testimonianza i calcari a foraminiferi (Alveoline e poi Nummuliti), alghe e ricci di mare deposti tra la fine del Paleocene e l’Eocene medio (55-45 milioni di anni). Buoni punti di osservazione di queste rocce sono il Sentiero dei Pescatori (tra Aurisina e Santa Croce), la Strada Napoleonica (tra Prosecco e Opicina), il Sentiero Derin (tra Contovello e Monte Spaccato), il Monte Cocusso e la Val Rosandra. I depositi marnosi e arenacei del Flysch, su cui sorge gran parte della città di Trieste, testimoniano che frane sottomarine, innescate dai grandi movimenti orogenetici che stavano portando alla formazione della catena alpino-dinarica, hanno mosso fanghi e sabbie, provocando acque torbide e depositandoli in fondali marini ormai più profondi. Siamo nell’Eocene medio (45 milioni anni fa). Da allora la deposizione di depositi marini è cessata.

La grande piega del Carso
Le rocce del Carso Classico si sono depositate con continuità dal Cretacico inferiore (circa 140 milioni di anni fa) all'Eocene inferiore (circa 45 milioni di anni fa) e testimoniano l’evoluzione nel tempo e nello spazio di una piattaforma carbonatica.
Cosa ha portato le rocce del Carso Classico dal loro originario assetto a strati orizzontali alla geometria attuale?
La spiegazione sta nella dinamica delle placche tettoniche in cui è suddivisa la crosta terrestre: la geometria del Carso Classico è il risultato dello scontro tra la microplacca Adria e la Placca eurasiatica.
Infatti, una volta terminata la sedimentazione che ha formato le rocce vi è stato l'innalzamento, il piegamento e la dislocazione della successione carbonatica e del flysch come conseguenza delle orogenesi dinarica e alpina ovvero delle spinte tettoniche in un periodo di tempo compreso tra 35 e 20 milioni di anni fa.
La grande piega anticlinale (a forma di U rovesciata) che caratterizza il Carso è il risultato di compressioni, che hanno portato la potente successione carbonatica, più antica, a sovrastare il Flysch più recente.
Dopo l’emersione dal mare, intorno a 20 milioni di anni fa, il Carso Classico è stato modellato dagli agenti atmosferici.